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Un inaspettato «ingrediente» della fusione Un articolo del 2 | Fusione Nucleare

Un inaspettato «ingrediente» della fusione

Un articolo del 2 settembre 2021 (https://phys.org/news/2021-09-ideal-ingredients-nuclear-fusion-energy.html) sulla ricerca degli ingredienti ottimali per ottenere energia dalla fusione nucleare riferiva che il nostro connazionale Michele Marin, attivo presso l'Università Tecnologica di Eindhoven (Paesi Bassi) e licenziato con una tesi di dottorato dal titolo Integrated modeling of multiple ions discharges: validation and extrapolation, «ha scoperto che gli isotopi dell'idrogeno, deuterio e trizio, si mescolano tra loro più rapidamente di quanto pensato in precedenza» e che «il suo modello ha anche permesso di calcolare l'influenza delle impurità nella miscela di idrogeno».

«Le impurità», prosegue l'articolo, «possono diluire la miscela di reagenti, il che è uno svantaggio. Ma possono anche favorire la fusione». «Inoltre», continua la nota, «aggiungere la sostanza neon alla miscela può avere un effetto positivo per via della creazione di temperature superiori nel cuore stesso [del plasma]».

Recentemente abbiamo scritto a Marin, chiedendogli di chiarire questo dubbio: «dall'articolo si deduce che l'impurità principale o più promettente sarebbe di neon, ma non si capisce come questo deriverebbe dalla sublimazione delle pareti metalliche del tokamak».

Riportiamo quanto Marin ci ha risposto, in sintesi.

«La fusione genera grandi flussi di calore, che vengono concentrati in una zona chiamata divertore (di solito nella parte inferiore della macchina). Per gestire questi flussi si usano materiali resistenti (per esempio il tungsteno) opportunamente raffreddati, ma questo raffreddamento non è sufficiente. Ci sono tutta una serie di trucchi che possono aiutare, uno dei quali è di introdurre delle 'impurezze', cioè delle specie [atomiche] con più di un protone, per causare radiazione luminosa e raffreddare il plasma. Spesso si è usato l'azoto, che tuttavia ha il problema di creare ammoniaca, difficile da gestire in un reattore. Una delle alternative è data dal neon, che è stato studiato recentemente nel JET. Si è visto che, oltre a raffreddare il divertore, il neon migliorava il confinamento del plasma. Sostanzialmente, il bordo [del plasma], dove avviene l'interazione con i materiali, risulta più freddo, mentre il cuore risulta più caldo. Il mio lavoro su questo argomento è stato di usare dei modelli per capire il perché di questo miglioramento. In parte ci siamo riusciti, ma parte del fenomeno è causato da una zona del plasma che i nostri modelli non riescono ancora a riprodurre bene, quindi ci vorrà più lavoro per giungere a un quadro completo.
Il neon, quindi, funziona bene nel JET, in certe condizioni, ma non è detto, per ora, che funzioni allo stesso modo in altri tokamak (per esempio dentro a ITER)».

Ringraziamo il dott. Michele Marin per i chiarimenti.